La storia di Beniamino

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Piccolo gracile ed a strisce un giorno E’ entrato nella mia vita e Beniamino fu subito il suo nome. Arrivò che aveva appena una settimana.

La mamma, come spesso accade in animali che partoriscono in cattività, non riusciva a portare avanti tutta la prole. Decidemmo di isolarne uno a caso. Allontanata la madre entrammo nella gabbia ed il primo che si avvicinò ai nostri piedi, forse il pi˘ coraggioso o forse solo il più curioso, fu lui.

Era piccolo, quasi completamente pelato, gli occhi grigi e due macchie perfettamente rotonde di colore bianco sui padiglioni auricolari. Era una tigre di Sumatra.

Beniamino fece il suo ingresso in casa mia in un trasportino per gatti ricoperto da un plaid per non farlo spaventare, comunque urlava un pò per il cambio di ambiente, un pò per fame. Abituarlo a noi fu facile ma non lo fu fargli capire che dal biberon poteva uscire del latte.

Beniamino veniva stimolato ad urinare, a defecare, dormiva la maggior parte del tempo meno che la notte , ed il suo passatempo preferito era succhiarsi il mio dito a mÚ di tettarella, distruggere i maglioni , arrampicarsi sulle gambe. Patologie particolari legate al cambio di alimentazione non ci sono state se non diarree sporadiche, curate con tisane di camomilla, lauro e finocchietto.

Diarree provocate, come risaputo, dall’elevato contenuto,rispetto al latte di tigre, di lattosio nel latte bovino. La poppata veniva addizionata con vitamine , sali minerali e gli veniva somministrata ogni tre quattro ore con un intervallo di otto ore durante la notte.

Noi tutti sapevamo che il piccolo tigrotto molto presto sarebbe dovuto andare via. Una metropoli non Ë certo il posto per un animale selvatico, una volta cresciuto non lo si poteva portare a guinzaglio per le strade, per cui la sua sistemazione sarebbe stata inevitabilmente in uno zoo. Che tragedia e che inganno sarebbe stato per lui essere allevato nel pieno rispetto dell’essere e poi abbandonato e rinchiuso dietro le sbarre di uno squallido zoo.

Decidemmo per il momento di non pensarci.

A due mesi circa di vita cominciò a socializzare con altri animali sopratutto cani con i quali condivise i primi giochi ,iniziò ad abituarsi al guinzaglio venendo con noi in giro per le strade di Napoli.

La sua alimentazione in quel periodo era esclusivamente lattea fino a quattro mesi quando iniziò a sentire l’odore della carne. Un giorno in cucina lo trovammo che si contendeva una sfilza di salsicce con il cane di casa, quella scena ci fece capire che era giunto il momento di arricchire l’alimentazione con carne e uova.

Come si poteva non donare amore a quel tigrotto che tanto amore aveva da dare, io e le persone che insieme a me avevano contribuito alla sua crescita eravamo il suo punto di riferimento, la sua famiglia, la sua casa.

A quattro mesi e mezzo guardando gli occhi di Beniamino vi intravidi un velo, Beniamino aveva all’occhio sinistro una cataratta zonale e all’occhio destro un inizio della stessa. Era una cataratta congenita rischiava di rimanere cieco a vita.

Da qui si pose il problema se operarlo o meno.

Il cristallino è una lente che permette di mettere a fuoco l’immagine, la sua assenza fa si che il soggetto possa scorgere solo le luci e le ombre. Nell’ uomo il cristallino una volta asportato viene sostituito , negli animali ciò non accade. Cosa era quindi pi˘ giusto? lasciare che a quell’occhio Beniamino divenisse completamente cieco o dargli la possibilità di intravedere almeno la luce?. La prospettiva che anche dall’altro occhio la cataratta fosse in fase iniziale e che quindi sarebbe diventato completamente cieco, mi fece decidere ad intervenire. Chiesi l’aiuto di uno specialista umano il prof. Girolamo Sbordone direttore della clinica oculistica del Policlinico di Napoli il quale fu molto ben disposto e fissammo l’intervento presso il mio ambulatorio; era il 3 marzo 1994 e Beniamino aveva cinque mesi. L’operazione andò bene e Benjamin fu molto paziente a sopportare le terapie post operatorie.

Questa ultima esperienza segnò un profondo legame tra noi e il tigrotto, era ora impossibile rinchiuderlo in una gabbia di uno zoo. Consultammo zoo safari i quali offrivano spazi pi˘ grandi, ma una tigre nuova arrivata non si integra in un gruppo già costituito, per cui comunque sarebbe stata rinchiusa in una gabbia.

Consultammo associazioni protezionistiche per il rimpatrio degli animali selvatici nei luoghi di origine, ma i luoghi di origine di una tigre non esistono più. In Italia esistono varie associazioni animaliste che si preoccupano di abolire gli zoo e la vivisezione ma nessuno si accorge che lo spazio in natura per gli animali selvatici non esiste pi˘. In Africa non esiste pi˘ la Savana ma vari parchi nazionali, cosi Ë in Rwanda e in sud Africa dove addirittura vengono controllate la nascite delle specie animali.

Possibile che nessuno si accorge quanto sia idiota predicare la libertà per gli animali? visto che i loro habitat naturali sono stati sostituiti da villaggi e città ? dove sistemarli ? in quei parchi dove vengono addirittura cacciati?. Alle soglie del 2000 la figura del protezionista deve essere proiettata a preoccuparsi di dare pi˘ spazio possibile all’animale in maniera da rispettare la sua natura.

Perche’ non tramutare gli zoo in parchi naturali? Con queste prospettive la sistemazione di Beniamino diventava molto difficile. CosÏ trovammo un’area di sette ettari che poteva essere recintata.

Tenni Beniamino fra casa e ambulatorio fino al luglio del 1994, aveva nove mesi quando lo portai nel recinto provvisorio dove vi rimase fino al 14 luglio del 1995 il giorno in cui fu trasportato nella sua dimora definitiva.

Nasce cosi il Benjamin Park. Il parco Ë nato per Beniamino affinchè avesse la massima libertà possibile per un felino lontano dal suo Habitat, Benjamin occupa nel parco 1500 mq adeguatamente recintati, Benjamin ha una vasca dove passa la maggior parte del tempo, le tigri amano molto l’acqua, ha degli alberi sotto cui ripararsi durante le calure estive, ha una piccola casetta rivestita in tipiche pietre cilentane dove può decidere o meno di dormire.

La nostra coscienza è in parte appagata non abbiamo voluto Beniamino così come si fa con un giocattolo l’abbiamo rispettato peccando molte volte lo ammettiamo, di umanità festeggiandone i compimese e i compleanni con grosse torte di carne.

Noi sappiamo che all’interno del parco Beniamino diventa un’attrazione che può solo portare lucro a chi lo custodisce ma crediamo per come si muove, per come non cerca di arrampicarsi sulla recinzione per scavalcarla e forse per l’enorme affetto da cui è circondato, che Benjamin sia una tigre felice e questo ci basta.